Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Vivilasanità, Payback dispositivi medici, il sistema che sta mettendo a rischio la sanità e i cittadini

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Vivilasanità – Ruben Razzante – Professore di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma

 

Se la misura non viene fermata al più presto ci saranno importanti riflessi sul piano socioeconomico

 

Payback dispositivi medici, il sistema che sta mettendo a rischio la sanità privata e i cittadini

 

 

di Ruben Razzante – Professore di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma

 

 

Reinserito nel nostro ordinamento con la legge 21 settembre 2022, il meccanismo del payback, se non fermato in tempo, causerà enormi danni alle aziende produttrici e distributrici di dispositivi medico-sanitari e al Servizio sanitario nazionale. Il 26 maggio è stato approvato il testo di legge che ha stabilito i criteri di restituzione delle somme. Si tratta di una soluzione che. non cancella affatto i rischi di chiusura migliaia di aziende del settore.

 

Una delle asimmetrie più stucchevoli nella nostra democrazia riguarda il rapporto tra imprese e pubbliche amministrazioni. Quando le prime avanzano somme dalle seconde, devono armarsi di santa pazienza per poterle recuperare. Quando invece sono gli enti pubblici a battere cassa, anche per propri errori, le imprese devono pagare tutto e subito, prima ancora che si valuti la fondatezza delle ragioni statali. La vicenda del payback, da questo punto di vista, è emblematica.

 

Con payback sanitario si fa riferimento allo strumento governativo -introdotto con il d.l. 6.7.2011, n. 98, art. 17, comma 1, lett. c- per controllare e razionalizzare la spesa sostenuta direttamente dal Servizio sanitario nazionale consistente nell’introdurre un tetto di spesa annuo, sia a livello nazionale che regionale, per l’acquisto dei dispositivi medici. La misura è rimasta latente per circa otto anni fino a che, per far fronte agli sforamenti al tetto di spesa nell’ambito della sanità pubblica, è stata reinserita con il decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 recante «Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali» e convertito nella legge 21 settembre 2022, n. 142.

 

Secondo il meccanismo introdotto la scorsa estate, le Regioni possono chiedere un contributo alle imprese che riforniscono gli ospedali se la spesa per la sanità pubblica risulta più alta di quella programmata. Queste vengono inoltre invitate a definire, con provvedimento da adottare entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale che ha dichiarato il superamento del tetto di spesa, l’elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano per ciascun anno. Gli operatori interessati dovranno successivamente effettuare il pagamento alle Regioni e alle Province entro i successivi 30 giorni.

 

La misura prevede di ripianare i bilanci per gli anni 2015-2018, anni in cui si è registrato uno sforamento di bilancio stimato di circa 4 miliardi di euro. Di fatto, quindi, si chiede di compartecipare a ripianare i superamenti di spesa annuali con dei pagamenti in favore delle Regioni e province autonome in cui operano.

 

Gli esperti hanno affermato che il motivo fondamentale per cui nei bilanci pubblici si hanno grandi buchi deriva due fattori. Il primo è il tetto fissato che è troppo basso per non sforare. In secondo luogo, il payback non è uno strumento che consente di governare la spesa, che è già perfettamente regolamentata dal sistema delle gare pubbliche d’appalto. Tra l’altro, nonostante l’eccedenza nelle spese, l’Italia rimane la Nazione europea che spende meno in sanità: lo scorso anno abbiamo speso 107 euro pro capite in dispositivi medici contro i 265 di media europea: meno del doppio.

 

La situazione ha fatto nascere un contenzioso avanti al Giudice amministrativo che ha indotto il Governo, con Decreto-Legge 30 marzo 2023, n. 34 -cd. Decreto Bollette- ad istituire un fondo di 1.085 milioni di euro cioè la metà dello sforamento complessivo. Nel Decreto Bollette viene inoltre stabilito che i fornitori potranno pagare la restante quota nella misura entro il 30 giugno 2023. A conti fatti, la cifra che le regioni intendono riscuotere (2015-2019 è di circa 2,2 miliardi di euro a lordo di IVA,  da cui vanno però sottratti i 1.085 milioni del fondo istituito dal Decreto Bollette. [1]

 

 

La pioggia di ricorsi contro questo provvedimento parla da sola; emblematica è stata anche la manifestazione, lo scorso 17 aprile in Piazza della Repubblica a Roma, contro il payback sui dispositivi medici. L’obiettivo era che il Governo non togliesse risorse ad asset fondamentali come quelli della sanità.[2] L’ esito è stato l’approvazione del testo di legge del 26 maggio 2023, n. 56, pubblicato in G.U. del 29 maggio n. 124. Questo testo ha messo a punto il trattamento fiscale dei contributi, potendo l’IVA inclusa nel payback essere comunque portata in detrazione, scorporandola dall’ammontare dei versamenti effettuati (sia in misura ridotta che integrale).[3]

 

 

Un payback così iniquo rischia infatti di produrre conseguenze economiche e occupazionali gravissime su un settore industriale che vale 16,2 miliardi di euro, conta 4.546 aziende, dà lavoro a 112.534 addetti e garantisce forniture di dispositivi medici di qualità agli ospedali. Sono a rischio non solo centinaia di posti di lavoro, ma anche la salute pubblica dei cittadini. In caso di estese chiusure di imprese fornitrici di dispositivi medici, infatti, potrebbero scarseggiare i rifornimenti di apparecchiature essenziali per curare i malati; per dare delle cifre, si parla di rischio chiusura per circa l’80% delle piccole imprese del comparto, che sono oltre 5mila. Infine, se la situazione non cambia, all’Italia riserveranno solo prodotti di qualità scadente e i cittadini non potranno più avere tutte le cure di cui dispongono oggi.

 

Confindustria Dispositivi Medici rimane critica. Già mesi fa l’associazione di categoria dichiarava: “Bisogna comprendere che il payback è una norma che non rappresenta uno strumento di contenimento della spesa, peraltro già completamente controllata dal sistema delle gare pubbliche, ma è un forte danno per la salute dei pazienti. In Italia, infatti, non c’è un problema di spesa in dispositivi medici fuori controllo, ma di sottofinanziamento del Ssn […] Molte aziende in questo contesto stanno rinunciando a rispondere alle nuove gare, si rischia l’interruzione delle forniture agli ospedali. Senza la cancellazione del payback, gli ospedali avranno grandi problemi di approvvigionamento e se le imprese del comparto falliranno si avranno pesanti ricadute anche sull’assistenza tecnica degli strumenti installati negli ospedali, che ad oggi sono di responsabilità proprio delle imprese del comparto, e sulla fornitura di tecnologie di qualità. Oggi la spesa media pro capite in dispositivi medici nel nostro Paese è tra le più basse d’Europa: 123 euro contro i 284 di media europea. Mantenere i tetti vuol dire decidere di dare meno prestazioni ai cittadini e abbassare la qualità degli strumenti diagnostici, di cura e riabilitazione indispensabili per la salute”.

 

Il TAR Lazio aveva già deciso di esaminare la questione direttamente nel merito. Ad oggi continuano le pressioni sul Governo da parte dei soggetti coinvolti affinché ci sia un auspicato intervento normativo che tuteli sul serio gli interessi delle società e conseguentemente l’interesse pubblico al regolare funzionamento dell’essenziale settore delle forniture dei dispositivi medici.

 

[1] https://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-26/22212

 

[2]https://www.confcommercio.it/-/fifo-su-payback#:~:text=Centinaia%20di%20imprenditori%20aderenti%20a,il%20payback%20sui%20dispositivi%20medici.

 

[3]https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2023-06-06/dl-bollette-restano-incertezze-sorti-payback-i-dispositivi-medici-104114.php?uuid=AEUqmvaD

 

 

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