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Vivilasanità – Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici – A colloquio con Claudio Contessa – Presidente della VII Sezione del Consiglio di Stato

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Vivilasanità – Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici – A colloquio con Claudio Contessa – Presidente della VII Sezione del Consiglio di Stato

 

 

Le disposizioni del nuovo codice, con i relativi allegati, acquistano efficacia dal 1° luglio 2023

 

 

C’è un cambio di prospettiva fra l’ordinamento pubblico, le imprese e le pubbliche amministrazioni

 

 

 

 

Claudio Contessa è Presidente presso la VII Sezione del Consiglio di Stato e componente della commissione speciale del Consiglio di Stato per la redazione del Nuovo Codice degli appalti pubblici.

 

Lei è uno dei Padri del Nuovo Codice sugli appalti pubblici. Perché si scrive e si redige un Nuovo Codice?

“Le esigenze che hanno condotto alla redazione del nuovo Codice sono state in parte di derivazione europea ma in larga parte di carattere nazionale.  Il precedente codice, quello del 2016, aveva introdotto molte disposizioni di indubbia importanza, ma, secondo molti osservatori, non aveva conseguito gli obiettivi di semplificazione che sono necessari per le PMI e, pi in generale, per gli operatori economici. E l’obiettivo della semplificazione è fra quelli che con maggiore impegno si è tentato di conseguire con il nuovo codice del 2023”.

 

 

Con questo nuovo codice qual è il cambio di prospettiva?

“Ne vedo uno di carattere redazionale e uno di carattere sostanziale. Dal punto di vista della redazione dei testi e delle norme, si è tentato di mettere sin da subito tutto necessario materiale normativo a disposizione degli operatori. Il nuovo Codice è un testo corposo, ma chiaro, inoltre reca con sé tutte le necessarie regole applicative che occorrono: 35 allegati sono probabilmente molti, ma recano tutto il contenuto normativo che serve agli operatori. Non dovremo aspettare 4 o 5 anni (come accadde con i precedenti codici) per disporre degli atti applicativi di cui hanno bisogno gli operatori. Dal punto di vista sostanziale, poi, vi è un deciso cambio di prospettiva per quanto riguarda i rapporti fra l’ordinamento pubblico, le imprese e le pubbliche amministrazioni. C’è una parola chiave che attraversa come una sorta di filo rosso tutto il codice ed è la parola ‘fiducia’. In qualche modo si può dire che con la riforma del 2023 si passa dall’epoca del “Codice dell’anticorruzione” a un nuovo periodo caratterizzato dal “codice della fiducia””.

 

Cosa cambia concretamente per la pubblica amministrazione e cosa cambia anche per gli operatori economici?

“Le modifiche sono molte e sintetizzarle in poche battute sarebbe molto difficile. Quello che possiamo dire, comunque, è che dall’angolo visuale delle pubbliche amministrazioni aumentano gli ambiti di discrezionalità per i pubblici funzionari. Si tratta, a ben vedere, di una conseguenza dell’affermazione del principio della fiducia: se vi è più fiducia nel settore dei contratti pubblici vi è più spazio per la discrezionalità. Se vi è più discrezionalità, tendenzialmente gli operatori non si sentono più sotto il continuo esame di un soggetto occhiuto che li controlla. Dal punto di vista degli operatori economici tendenzialmente vi è un maggiore spazio per libertà. L’esempio più importante (e, allo stesso tempo, quello che ha conosciuto le più aspre polemiche all’indomani dell’adozione del nuovo Codice), consiste nella maggior facilità del ricorso agli affidamenti semplificati e diretti nel sotto soglia. In alcuni casi questa tipologia di affidamenti semplificati può raggiungere anche cifre importanti, di alcuni milioni di euro”.

 

Con questo codice avete previsto degli anticorpi per contrastare la corruzione?

“Una delle sfide che caratterizzano il nuovo Codice è certamente rappresentata dalla maggiore chiarezza del dato normativo: la chiarezza delle regole rappresenta di per sé uno dei principali antidoti contro la corruzione. Un secondo punto qualificante consiste nella professionalizzazione dei funzionari pubblici. Se i funzionari pubblici sono più professionalizzati e dispongono di norme più chiare, quasi certamente saranno in grado di operare meglio. Ogni attività umana contiene in sé un inevitabile rischio di errore e questo dato può essere attenuato dalla normativa ma mai eliminato del tutto. Credo però che vada evitata la tendenza a leggere e interpretare tutto il settore degli appalti dal solo punto di vista della patologia e dei possibili fenomeni corruttivi e non dal punto di vista – per così dire – della fisiologia”.

 

Ritiene che con il nuovo codice e la prevista semplificazione miglioreranno i servizi per i cittadini e ci saranno risposte più celeri?

“Sicuramente il codice introduce numerosi strumenti che vanno nella direzione della semplificazione e dell’accelerazione. Non è però sufficiente ridurre i termini dei procedimenti per fare delle genuine semplificazioni. Diceva un autorevole magistrato: se per far nascere un bel bambino ci vogliono nove mesi non si semplifica facendolo nascere in tre mesi. La riduzione dei termini non è la soluzione a tutti i problemi dell’amministrazione e, in ogni caso, non è l’unica soluzione. Occorre certamente che i procedimenti amministrativi siano limitati ai tempi strettamente necessari ma la semplificazione passa anche (e soprattutto) per altre strade. Credo che gli elementi chiave della riforma in corso siano: la formazione del personale, la digitalizzazione delle procedure e la trasparenza nell’attività delle amministrazioni. Anche la riduzione dei termini dei procedimenti può avere una certa importanza. Vi è però la consapevolezza per cui i tempi dell’attività amministrativa non si riducono con decreto ma si riducono lavorando meglio”.

 

Lei è uno dei padri del nuovo codice. Che sensazioni e quali emozioni vive dopo aver fatto un lavoro immane e di grande fatica?

“Come giuristi di professione dobbiamo fare il possibile per lasciare i sentimenti al di fuori delle nostre attività. Ma come esseri umani che hanno lavorato con impegno ed entusiasmo a un grande progetto di riforma auspichiamo con forza che tutto l’impegno profuso possa produrre buoni frutti, e non certo per il buon nome del Consiglio di Stato ma per il futuro del Paese. Permettetemi poi di sottolineare un dato che non riguarda la mia persona, ma tutti i professionisti che in modo straordinario hanno collaborato a questa iniziativa. Tutti i colleghi che hanno lavorato alla “Commissione codice”, l’hanno fatto senza nessuno sgravio di lavoro e senza nessun incentivo di carattere economico. La “molla” che ci ha mosso è stata il desiderio di poter dare un contributo concreto allo sviluppo del Paese. Se poi questo contributo sarà stato grane o molto limitato, solo il tempo potrà dirlo”.

 

Una domanda sul payback dispositivi medici.  Recentemente il Senato ha convertito in legge il decreto bollette, che prevede negli articoli 8 e 9, l’applicazione del payback per le imprese fornitrici. Cosa pensa come giurista di questa norma che fa molto discutere?

“Non posso esprimere alcun giudizio – né favorevole, né contrario – sugli orientamenti di politica legislativa che caratterizzano questo ambito così importante per gli operatori economici.

Posso solo dire che la delega legislativa che ci era stata data dal Parlamento nel 2022 (e sulla cui base abbiamo impostato la nostra attività) non ci consentiva di intervenire sul tema del payback per i dispositivi medici.

La delega fissata dal Parlamento non ci consentiva di intervenire in modo – diciamo così – “libero” sul settore degli appalti, ma doveva necessariamente muoversi nell’ambito di precisi princìpi e criteri direttivi e il settore in questione, purtroppo, non era fra quelli sui quali era possibile intervenire”.

 

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