Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Stress e Covid-19, 8 italiani su 10 hanno sofferto di almeno un disturbo nell’ultimo anno

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Non solo gli adulti: anche i bambini e adolescenti hanno vissuto momenti di forte stress causati dalla pandemia.

In crescita il numero di italiani stressati, con otto cittadini su dieci che dichiarano di aver sofferto di almeno un disturbo riconducibile allo stress nell’ultimo anno.

Il dato, in linea con quanto rilevato nel pieno della seconda ondata (novembre 2020), evidenzia il legame tra la pandemia e le conseguenti restrizioni imposte dal contenimento del contagio e l’aumento di stress e di disturbi correlati.

Tra quelli più comuni e in aumento, mal di testa (48,0%), ansia, nervosismo, irritabilità (42,8%), tensioni muscolari (39,6%) e disturbi del sonno (32,2%), di cui sono soprattutto le donne a soffrire maggiormente. E lo stress ha colpito tanto gli adulti quanto i più giovani.

Ne è convinto il 58,3% degli italiani secondo cui sono i ragazzi la fascia di popolazione che ha risentito maggiormente delle conseguenze della pandemia. Per sette italiani su dieci, inoltre, anche i bambini più piccoli, seppur con livelli minori, hanno vissuto momenti di stress e ansia durante la pandemia, provocati dalla confusione generata dal continuo cambio di regole e abitudini, dalla didattica a distanza, alla riduzione delle attività e occasioni di gioco extra-scolastiche.

È quanto emerge da una ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, presentata ieri in occasione dell’evento stampa “Stress e Covid-19: un equilibrio precario tra restrizioni e relazioni”, con la partecipazione di Piero Barbanti, docente di Neurologia presso l’Università IRCCS San Raffaele di Roma.

 

STRESS E PANDEMIA
“Lo stress”, spiega Barbanti, “è una reazione fisiologica che l’organismo attiva a propria difesa di fronte a ostacoli, pericoli o situazioni che ne modificano l’assetto. Se avviene in maniera legittima e controllata, consente di affrontare e superare i problemi creando una nuova situazione di equilibrio.”

 

“Nella vita quotidiana, però,” precisa il Professore, “il termine stress ha una connotazione diversa e si riferisce a una condizione psicofisica sgradevole e logorante per la quale l’organismo è sempre in condizioni di allerta e fatica “a staccare l’interruttore”.

 

All’inizio della pandemia, nel primo lockdown, lo stress che abbiamo vissuto era quello del primo caso, ovvero positivo: “La situazione emergenziale scoppiata improvvisamente ci ha fatto percepire il pericolo ed è stato proprio questo sentore di allarme a permetterci di sostenere due mesi di chiusura forzata e di riuscire a creare un nuovo equilibrio funzionale e utile senza rendercene conto e senza lamentarci.”

Quando poi, nelle successive fasi della pandemia, l’entità del pericolo è scesa e lo spavento è diminuito “è venuto alla luce, invece, uno stress negativo da Covid-19, poiché è comparsa la valutazione soggettiva del possibile protrarsi a lungo termine delle limitazioni e dei rischi, che ha fatto emergere una ruminazione psicologica, un sentimento di sfiducia e allarme cronico”.

 

Si tratta di un allarme che ha visto come principale fonte di stress dapprima (durante la seconda ondata, nel novembre 2020) la salute, e poi il lavoro per gli adulti (soprattutto per gli uomini di mezza età) e lo studio per i più giovani (34,3% vs 24,7% nel 2020).

La salute si conferma, comunque, seppur in minor percentuale (14,8% nel 2022 vs 32,3% nel novembre 2020), una delle fonti di stress, al pari della socialità e delle relazioni (12,6% vs 14,6%).

“Durante il lockdown”, spiega infatti Barbanti, “è aumentato il burnout, ovvero l’esaurimento psicofisico del soggetto legato al lavoro, perché, alle normali situazioni che lo determinano, si sono aggiunte modalità lavorative stressanti come il lavoro agile, il telelavoro e la mancanza delle relazioni umane tangibili, compresi quei momenti di pausa che accompagnano la normalità di una giornata di lavoro, come il caffè al bar con i colleghi.” “Questo ha provocato”,

conclude Barbanti, “l’aumento di sintomi come insonnia, ansia, depressione negli adulti che, in alcuni casi, per contrastare tali disturbi, si sono rifugiati nell’abuso di alcol e caffè”.

 

I RAGAZZI, TRA DAD E MANCATE OCCASIONI DI SOCIALITÀ

Non solo gli adulti: anche i bambini e adolescenti hanno vissuto momenti di forte stress causati dalla pandemia.

 

Quasi 6 intervistati su 10 hanno dichiarato che sono proprio gli adolescenti tra i 13 e i 18 anni la fascia più colpita. Per il 70% degli italiani poi, anche i bambini più piccoli, sebbene con livelli di stress e ansia meno evidenti degli adolescenti, non sono usciti indenni dalla pandemia.

“Seppur i ragazzi manifestino lo stress in occasioni e modalità differenti rispetto agli adulti, le loro reazioni includono irritabilità, impulsività, irrequietezza, nervosismo, disturbi del sonno e dell’alimentazione”, spiega Barbanti, che sottolinea che “la mancanza di socialità durante la pandemia (Dad, abolizione delle pratiche sportive di gruppo per i non agonisti) ha influito profondamente sullo sviluppo della personalità dei più piccoli e di conseguenza sull’incidenza di disturbi legati allo stress.”
Lo dimostra anche l’indagine di Human Highway che evidenzia come la fonte di stress più rilevante sia la mancanza di socialità: in ambito scolastico per il 50% del campione e in quello extra-scolastico per il 47,1%.

 

“L’elemento drammatico per i ragazzi”, conclude Barbanti, “è stato rinunciare alla scuola e alla vita comunitaria. La scuola è, infatti, sorgente di emozionalità condivisa e rappresenta un luogo dove imparare a sviluppare i propri sentimenti, a conoscere gli altri e ad affrontare il mondo esterno, condividendo la conoscenza e le emozioni con gli altri”.

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