Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Puglia, conti in pareggio ma il futuro è un rebus

Giovanni Gorgoni - Direttore ARESS - Regione Puglia
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Giovanni Gorgoni - Direttore Area Salute - Regione Puglia
Giovanni Gorgoni – Direttore Area Salute – Regione Puglia

Ok i bilanci Asl del 2015, quest’anno è allarme per i farmaci.
(La Gazzetta del Mezzogiorno) – BARI – Per il quarto anno consecutivo il bilancio del sistema sanitario pugliese chiude in sostanziale pareggio. Il merito è, anche stavolta, di un «aiutino»: i 60 milioni di euro erogati in corso d’opera hanno fatto sì che i conti 2015 delle Asl presentino un avanzo pari a poco più di 7 milioni di euro.

Nulla, rispetto a una spesa complessiva da 7 miliardi. Ma i numeri mostrano, almeno dal punto di vista dei conti, segnali importanti di rafforzamento.

Dal bilancio consolidato approvato negli scorsi giorni dalla giunta regionale emerge infatti che pur a fronte del boom dei farmaci anti-epatite C (120 milioni) e delle rettifiche (70 milioni) per finanziare gli investimenti, la gestione caratteristica è stabilmente in attivo (140 milioni) seppur grazie a una posta straordinaria (113 milioni di «bonus» provenienti dal payback farmaceutico) ed ai 60 milioni prelevati dal bilancio autonomo.

Ma soprattutto, sono ormai state azzerate le perdite storiche da ripianare (erano 1,2 miliardi nel 2012), mentre il debito sanitario (che si riferisce soprattutto ai fornitori) è sceso da 2,2 miliardi a 895 milioni.

Resta tuttavia immutato il problema dei medicinali. Perché se è vero che la spesa «in farmacia» è calata di 9 milioni, si è registrato un vero e proprio boom per i farmaci ospedalieri e quelli a distribuzione diretta (epatite C, appunto) per circa 136 milioni.

Un vero e proprio buco nero che, ormai, assorbe l’equivalente del costo di tre ospedali di medie dimensioni: non a caso il capo del dipartimento Salute, Giovanni Gorgoni, ha lanciato un programma straordinario per migliorare l’appropriatezza prescrittiva.

Va anche detto che questi risultati sono per buona parte ascrivibili all’ultima fase di gestione del governo Vendola, che aveva dapprima affrontato l’emergenza del piano di rientro e che poi si è molto impegnato proprio su riduzione del debito storico e contenimento dei tempi di pagamento ai fornitori: a dicembre 2015 i crediti commerciali delle Asl vengono evasi in 57 giorni medi (erano 200 due anni prima).

La giunta Emiliano ha tuttavia tenuto la barra dritta, e nel prossimo Consiglio regionale porterà un’altra manovrina straordinaria da 60 milioni per mantenere in equilibrio anche i conti del 2016: è un passaggio indispensabile per presentarsi ai tavoli di verifica ministeriali e non rischiare il «commissariamento» per deficit eccessivo.

In estate, dopo aver superato la verifica sul 2015, la Puglia ha comunicato ai ministeri della Salute e dell’Economia un disavanzo tendenziale per il 2016 pari a circa 120 milioni, oggi scesi (senza l’effetto dei 60 milioni straordinari in arrivo) a circa 100 milioni.

In più il «pay-back» (in pratica, quello che le case farmaceutiche restituiscono alle Regioni a fine anno) non è stato ancora materialmente incassato, in quanto pendono una serie di ricorsi al Tar: significa per il momento dover fare fronte ad altri 60 milioni imprevisti.

Da qui la necessità di re-iterare la pre-manovra, così da limitare le coperture in sede di previsionale 2017 e soprattutto da non far scattare le clausole di deficit eccessivo che comportano prima la nomina del presidente della Regione come commissario ad acta, poi – in caso di ulteriore inadempienza – il commissariamento vero e proprio in stile Campania.

Tornando ai dati 2015, in prospettiva si legge una progressiva diminuzione della spesa ospedaliera e un lievissimo incremento di quella per la prevenzione (oggi pari al 4,15% del totale del fondo sanitario). Resta però molto pesante l’incidenza della spesa territoriale, dovuta – ancora una volta – all’effetto dei farmaci, per i quali la Puglia resta stabilmente sopra il tetto fissato dalla legge.

Dalle analisi statistiche emerge invece il progressivo invecchiamento della popolazione (gli ultra 75enni sono passati dai 334.706 del 2011 ai 412.067 del 2015), con un corrispondente aggravio di costi per il sistema sanitario non bilanciato da incrementi di stanziamento: basti dire che quasi 900mila cittadini hanno più di 65 anni.

Allo stesso tempo, su 4 milioni di cittadini sono ben 3,5 quelli che possono beneficiarie di esenzioni ticket: un milione per reddito, 2,5 milioni per patologia. Ne consegue che la compartecipazione alla spesa sanitaria finisce per pesare su una piccolissima parte della popolazione.

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