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Per il responsabile anticorruzione segnalazione «a parte» se l’incompatibilità mette a rischio l’incarico

Raffaele Cantone - Presidente Autorità Nazionale Anticorruzione
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Raffaele Cantone - Presidente Autorità Nazionale Anticorruzione
Raffaele Cantone – Presidente Autorità Nazionale Anticorruzione

L’importanza del ruolo del responsabile della prevenzione della corruzione, al quale devono essere garantite autonomia e indipendenza, nel rispetto e in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, è sottolineato dall’Anac nella delibera del 3 agosto 2016 n. 833, con cui ha dettato le «Linee guida in materia di esercizio dell’attività di vigilanza nelle ipotesi di incarichi amministrativi inconferibili e incompatibili».
L’Autorità ha voluto dare indicazioni operative al Rpc per svolgere le funzioni di verifica interna in ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico o controllato, con particolare riferimento all’esercizio dei poteri di accertamento delle violazioni e di quelli sanzionatori, tenendo conto del differente quadro dispositivo riservato alle ipotesi di inconferibilità e di incompatibilità.
Il ruolo del Rpc
Al responsabile della prevenzione della corruzione, individuato dall’articolo 15 del Dlgs 39/2013 come il soggetto tenuto a far rispettare in prima battuta le disposizioni del provvedimento, è assegnato innanzitutto il compito di contestare la situazione d’inconferibilità o incompatibilità e di segnalare la violazione all’Anac.

Qualora, quindi, il Rpc venga a conoscenza del conferimento di un incarico in violazione del Dlgs 39/2013 o di una situazione di incompatibilità, è tenuto ad avviare un accertamento. Nel caso non siano state rispettate le norme sull’inconferibilità, la possibile violazione va contestata sia all’organo che ha assegnato l’incarico, sia al soggetto destinatario.

La contestazione è solo l’atto iniziale di un’attività del Rpc che comprende due distinti accertamenti: uno, di tipo oggettivo relativo alla violazione delle disposizioni sulle inconferibilità; un secondo, successivo, destinato a valutare l’elemento psicologico di “colpevolezza” in capo ai soggetti che all’atto della nomina componevano l’organo che ha conferito l’incarico, per l’applicazione della sanzione inibitoria prevista all’articolo 18 del Dlgs 39/2013.

 

La tutela del responsabile
L’Anac, dunque, definisce il Rpc come il dominus del procedimento sanzionatorio.
In tale veste, è tenuto a differenziare la posizione del soggetto destinatario della contestazione in base all’articolo 15, da quella del soggetto che ha proceduto alla nomina e per il quale è prevista la sanzione in base all’articolo 18.

Tuttavia, trattandosi di norma di un dirigente dell’ente, è evidente che il Rpc non sempre possa godere di effettiva autonomia nei confronti dell’organo di indirizzo dell’ente stesso.

E queste sono le ragioni per cui – come chiarito nella delibera n. 67/2015 – l’Anac si riserva di verificare non solo che l’esercizio del potere sanzionatorio avvenga nel rigoroso rispetto delle norme, ma anche che sia garantita al responsabile la massima autonomia e indipendenza e che lo stesso non sia sottoposto ad atti diretti e/o indiretti di influenza e/o ritorsivi.

 
L’accertamento delle violazioni
Il procedimento di accertamento delle violazioni deve svolgersi rispettando il principio del contraddittorio affinché possa garantirsi la partecipazione degli interessati.

L’atto di contestazione, da portare a conoscenza anche dei soggetti che hanno conferito l’incarico, oltre a contenere una brevissima indicazione del fatto, della nomina ritenuta inconferibile e della norma che si assume violata, deve prevedere anche l’invito a presentare memorie a discolpa, in un termine congruo, tale da consentire l’esercizio del diritto di difesa (tendenzialmente non inferiore a cinque giorni).

La nullità dell’atto di conferimento dell’incarico adottato in violazione del Dlgs 39/2013 è espressamente prevista all’articolo 17 dello stesso.

Prodottosi, quindi, l’effetto della nullità per il verificarsi della condizione normativamente prevista, l’atto che rimane da adottare è quello dichiarativo della stessa, e per quanto non vi sia alcuna indicazione di legge circa il soggetto competente al riguardo, l’Anac ritiene che questa competenza non possa che spettare al Rpc, secondo un indirizzo interpretativo confermato dalla giurisprudenza amministrativa.

 

La rilevanza dell’elemento soggettivo
Dichiarata la nullità dell’incarico inconferibile, prende avvio il distinto procedimento di accertamento dell’elemento soggettivo della colpevolezza in capo all’organo conferente l’incarico, che deve svolgersi coinvolgendo tutti i componenti dell’organo conferente che erano presenti al momento della votazione.

Astenuti e dissenzienti sono esenti da responsabilità, in base al comma 1, articolo 18, del Dlgs 39/2013. Nell’ambito dell’attività di accertamento deve tenersi conto dell’articolo 20 del decreto, che impone a colui al quale l’incarico è conferito di rilasciare, all’atto della nomina, una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità o incompatibilità individuate dallo stesso decreto.

Tale dichiarazione, pur costituendo un momento di responsabilizzazione del suo autore, non vale a esonerare chi ha conferito l’incarico dal dovere di accertare i requisiti necessari alla nomina, ovvero l’assenza di cause di inconferibilità e di incompatibilità in capo al soggetto che si vuole nominare. In altre parole, l’amministrazione conferente è tenuta a usare la massima cautela e diligenza nella valutazione della dichiarazione richiesta all’articolo 20, in quanto non è escluso che questa sia mendace, e ciò anche a prescindere dalla consapevolezza del suo autore circa la sussistenza di una delle cause di inconferibilità o di incompatibilità.

La vigente disciplina sulle inconferibilità sembra non richiedere la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa, tant’è che l’articolo 18 del Dlgs 39/2013 si limita a prevedere, indicandone il contenuto, la sanzione inibitoria, costruita quasi come conseguenza automatica della dichiarazione di nullità dell’incarico.

L’Anac ha comunque ritenuto che non vi sia alcun automatismo tant’è che, pur nel silenzio della legge, ha indicato come necessario (delibera n. 67/2015) che la sanzione che vieta all’organo conferente di affidare incarichi per un periodo pari a tre mesi debba essere preceduta da una verifica del suddetto elemento psicologico.

Se così non fosse, se cioè nessuna indagine sull’elemento soggettivo fosse richiesta al Rpc nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato, ci troveremmo – secondo l’Anac – di fronte a un procedimento incostituzionale per contrasto con i principi di razionalità e parità di trattamento con altre sanzioni amministrative, per violazione dei principi generali in materia di sanzioni amministrative, applicabili in via generale in base all’articolo 12 della legge n. 689/1981, e per violazione del diritto di difesa e del principio di legalità dell’azione amministrativa di cui agli articoli 24 e 97 della Costituzione.

Non solo, ma questo procedimento si porrebbe in evidente contrasto anche con i principi della convenzione EDU, in particolare, con l’articolo 6, secondo l’interpretazione che più volte ne ha dato la Corte di Strasburgo.

 
Le ipotesi di inconferibilità
Nelle linee guida, l’Anac ha evidenziato anche il differente caso della sussistenza di una causa di incompatibilità, per il quale l’articolo 19 prevede la decadenza e la risoluzione del relativo contratto di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di 15 giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del Rpc, dell’insorgere della causa di incompatibilità.

 
Ciò comporta, il dovere del Rpc di avviare un solo procedimento che accerti eventuali situazioni di incompatibilità. Una volta accertata questa ipotesi, il Rpc contesta all’interessato l’accertamento compiuto. Dalla data della contestazione decorrono i 15 giorni, che in assenza di una opzione da parte dell’interessato impongono l’adozione di un atto con il quale viene dichiarata la decadenza dall’incarico. In questo caso l’accertamento è di tipo oggettivo: basta accertare la sussistenza di una causa di incompatibilità.

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