Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Nuovo Codice appalti/?Esorcizzato il massimo ribasso, fari puntati sull’offerta tecnica

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del rio graziano

Vade retro, massimo ribasso. È una delle più declamate parole d’ordine che hanno accompagnato in questi mesi l’elaborazione del nuovo Codice degli appalti. Il legislatore ha colto l’assist fornito fornito dalla Direttiva 2014/24/Ce che al “considerando” 90, tra l’altro, prevede che: «Al fine di incoraggiare maggiormente l’orientamento alla qualità degli appalti pubblici, dovrebbe essere consentito agli Stati membri di proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo per valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa qualora lo ritengano appropriato».

Nel nostro Paese al massimo ribasso, cioè alla valutazione delle offerte sul solo elemento prezzo, vengono oggi attribuite gran parte delle nefandezze che affliggono il sistema degli appalti pubblici, corruzione compresa. Eppure, proprio per contrastare la pesatura in gara di parametri di qualità che favoriscano indebitamente un concorrente, ovvero per annullare la discrezionalità valutativa delle offerte tecniche ad opera di eventuali commissioni corrotte o compiacenti, la legge sui lavori pubblici cosiddetta “Merloni” (del 1994), in costanza della prima tangentopoli, aveva reso marginale le possibilità applicative del sistema a “offerta economicamente più vantaggiosa” (valutazione congiunta di qualità e prezzo), determinando con ciò, tra l’altro, una procedura di infrazione a carico dell’Italia, per contrasto con l’ordinamento comunitario che, viceversa, poneva su un piano paritario le due modalità di aggiudicazione degli appalti pubblici.

Le colpe del “massimo ribasso”. Se dalla prima Repubblica in poi la corruzione non risulta debellata (anzi), è stato però ribaltato il giudizio sul massimo ribasso, inopinatamente assurto a male assoluto. Ma tant’è. Nel 2015, è scesa in campo la Cgil, denunciandolo come una modalità di affidamento “fonte di lavoro nero e concorrenza sleale fra le imprese”. «Le aste al minimo hanno completamente avvelenato il sistema degli appalti, sfavorendo in un meccanismo di concorrenza sleale anche le aziende virtuose. I ribassi eccessivi e “anomali” rispetto alla base d’asta che spesso vengono offerti (nei lavori pubblici) favoriscono le imprese che non rispettano i contratti di lavoro, che non eseguono correttamente le prestazioni, che tentano di recuperare margini di profitto con le “varianti” in corso d’opera, che mettono fuori mercato le imprese serie». Anche sui beni (sanitari e non) la vulgata oramai sancisce che l’acquisto di un prodotto di qualità si ottiene solo con la gara qualità/prezzo. Cioè, adottando il massimo ribasso si compra un prodotto inesorabilmente scadente. Tutti d’accordo: la politica, i sindacati e le imprese. Secondo Assobiomedica «questo tipo di gare tende ad omologare il dispositivo medico, quando spesso è personalizzato sulle specifiche esigenze di terapia del paziente, ed inoltre blocca l’accesso di nuove tecnologie nelle strutture sanitarie».
Le colpe del “massimo ribasso”.

Soddisfazione generalizzata allora per le dichiarazioni del ministro Delrio, rese a margine del varo del nuovo Codice degli appalti: «Basta gare al massimo ribasso, la scelta coniuga prezzo e qualità. I criteri di assegnazione ci sono, sono disciplinati volta per volta, quindi il massimo ribasso si applica solo in casi particolari, molto marginali. La scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa è una scelta chiave ed è ben normata all’interno del codice».

Tanto normata che i rottamatori del vituperato massimo ribasso hanno gridato al tradimento, dato che – come recita l’articolo 95 del nuovo Codice – per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro (somma non trascurabile), è ancora consentito il ricorso al criterio del prezzo più basso. Si tratta di un segmento che comprende l’81% delle procedure. La querelle sulle modalità di aggiudicazione degli appalti è quindi tutt’altro che sopita. Con riferimento ai beni e servizi, l’articolo 95 del nuovo Codice dispone: «le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione degli appalti sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita».

Quindi il criterio del prezzo più basso rimane, nell’ambito della ora omnicomprensiva «offerta economicamente più vantaggiosa», e – precisa ancora al proposito la recente normativa – «può essere utilizzato per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, per i servizi e le forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria, caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo».

Tecnicamente, le eccezioni consentite non appaiono irragionevoli e, per inciso, riguardano una bella fetta dei beni acquistati dalle aziende sanitarie. Viceversa, sono aggiudicati esclusivamente sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo i contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché i servizi ad alta intensità di manodopera (quelli in cui il costo della manodopera incide per almeno il 50 per cento).

Luci e ombre dell’offerta qualità/prezzo. Secondo il marketing di acquisto nella scelta della procedura va privilegiato il rapporto qualità/prezzo nei casi in cui la stazione appaltante non ha sufficienti conoscenze tecniche per fissare un adeguato oggetto del contratto, oppure intende esplorare le possibilità tecnico-qualitative offerte dal mercato (tendenzialmente relativamente ai prodotti a rapida evoluzione tecnologica), essendo comunque disponibile a pagare una qualità aggiuntiva rispetto a quella già individuata a base di gara. Un discrimine tra le opzioni di procedura, quello evidenziato, condiviso anche in ambito regolatorio: «Se il progetto tecnico di servizio è analiticamente predisposto dalla s.a., è legittima la previsione di soli 10 punti all’offerta tecnica» (Parere Avcp n. 149/2013). «Si può affermare che soltanto nel caso in cui sia ritenuto possibile ed opportuno che l’appaltatore partecipi, in sede offerta, al processo ideativo del servizio o della fornitura, è necessario utilizzare il criterio dell’Oev» (Parere Avcp n. 219/2013).

Peraltro, il rischio insito in una gara qualità/prezzo in cui le prestazioni richieste a capitolato siano già esaustive del fabbisogno (di fatto progetti esecutivi) è quello di pagare anche aria fritta, dovendosi riconoscere punteggio aggiuntivo di qualità a elementi a quel punto ridondanti o non significativi. Con – implicita – la mortificazione della capacità progettuale della stazione appaltante. E ciò mentre il nuovo Codice enfatizza il “dialogo tecnico” pre-gara tra stazioni appaltanti e mercato, al fine di ottimizzare l’oggetto del contratto. Ma le ragioni del marketing di acquisto non contano. Secondo i sostenitori, l’offerta economicamente più vantaggiosa che preveda valutazione congiunta di qualità e prezzi offerti consente di superare di slancio le “patologie” degli appalti. Infatti l’elemento prezzo non risulta decisivo, essendo bilanciato dal punteggio “qualità” attribuito all’offerta tecnica. E le imprese, per ottenere significativo punteggio tecnico, devono essere dotate di capacità progettuale e capacità di fornire poi prestazioni di qualità; risultando quindi affidabili.

Questa teoria è però confutabile sotto diversi profili, a partire proprio dall’elemento “ribasso”. Infatti, anche in ambito di offerta economicamente più vantaggiosa con valutazione della qualità, un concorrente può proporre un ribasso anomalo sul prezzo base, recuperando con ciò in termini di punteggio l’eventuale gap sulla qualità rispetto ai concorrenti. Inoltre, la possibilità di strutturare bandi di gara “pilotati” che favoriscano indebitamente un concorrente (per requisiti di base richiesti o per plus qualitativi specifici valutabili), l’accesso improprio alle “varianti”, l’offrire a progetto una “qualità” che poi non sarà effettivamente fornita, il mancato rispetto degli altri obblighi prestazionali del contratto, quelli retributivi e contributivi, sono criticità trasversali a tutti i tipi di procedura. Stessi i rischi di mancata affidabilità del contraente.

Anche il difetto di capacità o potenzialità progettuale è un gap facilmente superabile dal concorrente che ne è sprovvisto: basta “esternalizzare” il progetto-offerta. In proposito, prospera uno specifico mercato. Quindi, nel complesso, non pare che alla gara qualità/prezzo possano essere attribuite aspettative salvifiche per la correttezza degli appalti pubblici. Anzi. Il “Piano nazionale Anticorruzione” individua tra i principali rischi corruttivi «l’uso distorto del meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa per favorire un’impresa». Corruttori, corrotti e tangentisti, figure che si cerca faticosamente di cacciare dalla porta, possono confidare in un rientro dalla finestra, in presenza di un uso irrazionale della gara qualità/prezzo.

Lo stesso Presidente dell’Autorità anticorruzione invita a «spegnere l’entusiasmo per l’offerta economicamente più vantaggiosa». Del resto, Cantone aveva imposto al commissario di expo Sala di utilizzare il massimo ribasso, per appalti di beni e servizi standard. Anche secondo Cantone, altre sono le armi per combattere la corruzione e qualificare gli appalti, e non dipendono dal tipo di procedura. Criteri reputazionali sostanziali e non formali di accesso alle gare per le imprese, bandi-tipo, un albo nazionale dei commissari di gara, investimenti nella professionalizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti. Il tutto è previsto nel nuovo Codice.

Oltre a ciò, l’utilizzo coraggioso degli ordinari strumenti di tutela: l’esclusione delle offerte in cui il prezzo non risulti remunerativo, il diniego di varianti post aggiudicazione, il controllo rigoroso dell’esecuzione del contratto, l’applicazione delle penali ove previste, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’appaltatore. Come in molte altre situazioni, la legge c’è già. Basta applicarla.

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