Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Le 20 partite del puzzle d’autunno. Per il 2017 solo 1 mld in più?

Beatrice Lorenzin - Ministro della Salute
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Beatrice Lorenzin - Ministro della Salute
Beatrice Lorenzin – Ministro della Salute

C’è la madre di tutte le battaglie, quella che si porta dietro ogni cosa: la consistenza del Fondo sanitario. Ma anche il labirinto del personale. Contratti e convenzioni.

Il buco nero degli investimenti, tanto più dopo il terremoto del 24 agosto, e il rebus ospedali. La farmaceutica in cerca di governance (e di denari).

C’è la trilogia Lea-cronicità-non autosufficienza. Senza dimenticare la spending review che tira la corda. E tre leggi che navigano in Parlamento: la concorrenza con le farmacie e le catene che aspettano di sapere che tempo (e quando) farà, l’ex Ddl Lorenzin con le partite su Albi e Ordini (ma non solo) e il rischio clinico in cerca d’autore.

C’è tutto questo, ma perfino, se possibile, anche di più, nell’autunno che avanza a grandi passi. Autunno rovente, altro che l’estate, per la Sanità.

Come al solito, come sempre. Ma questa volta forse con la sensazione che ci sarà molto da aspettarsi. E chissà se da temere.

A contarle tutte, sembra quasi impossibile. Ma è così: l’autunno ci riserva 20 sfide, chissà se tutte missioni impossibili. Undici partite con nove sotto-partite incluse. Un ottovolante per il Governo e per le Regioni.

Naturalmente per la tenuta del sistema più che mai alla ricerca della sostenibilità possibile. Senza dimenticare naturalmente il referendum costituzionale, che anche per la sanità può valere tutto, o quasi, con l’abbandono o meno del federalismo datato 2001.

E dunque la manovra 2017, la ribattezzata legge di bilancio, sarà la pietra miliare. Deve essere presentata entro il 20 ottobre: 45 giorni di passione.

Qui si giocherà la dotazione del Fondo sanitario. La questione è nota: 2 mld in più rivendica la ministra Lorenzin, ma pare che all’Economia si freni. Tra risparmi auspicati della spending e non solo e ospedali sotto ripiani. E così cominciano a circolare altre cifre: 112 mld, 1 in più, non 2. Sarà dura.

Con l’aggiunta dell’annosa guerra di religione tra governatori (il Sud incalza sempre) per il riparto del Fondo. La partita delle partite, appunto. Che se ne trascina altre a valanga. La spending review in via di rafforzamento e le centrali d’acquisto, che rappresentano uno snodo comunque complicato.

Il dilemma con mille addentellati del personale (si veda articolo in basso) dipendente e non: tra contratti e convenzioni, standard del personale (una vera e propria mina vagante su cui Governo e Regioni sono all’opera, più o meno segretamente), competenze, formazione, specializzandi e precari. Ecco, la stagione del personale si annuncia davvero incandescente.

 

E senza sbocchi reali, se i soldi non ci saranno abbastanza. E del resto per tutto non potranno mai bastare, questo è sicuro e anche i sindacati lo sanno, pronti comunque ad affilare le armi. Già, i denari. Perché gli euri in più per la farmaceutica sono un’altra scommessa da giocare a rotta di collo.

Si chiuderà con la legge di bilancio a dicembre, ma già il Ddl del 20 ottobre dovrà dare la rotta della nuova governance che continua a restare un mistero dopo le distanze (ora accorciate?) di questi mesi tra Governo e Regioni. Intanto però c’è da colmare il bicchiere degli alti costi (ma anche dei risparmi che generano) dei farmaci innovativi, la sostenibilità, appunto.

Mentre già tra una decina di giorni il Tar Lazio deve pronunciarsi nel merito sui ripiani ante 2016 che più aziende farmaceutiche hanno contestato, lasciano nel vuoto pay-back per circa 300 mln.

Somme che per le Regioni – che le avevano messe a bilancio – rappresentano vero e proprio oro colato. Diciamola tutta: una partitaccia a questo punto da giocare però tutti a carte scoperte.

Ed eccoci alle altre appendici di questi giorni. I Lea che giusto mercoledì dovranno ricevere gli ok regionali, ma poi fare ancora cammino verso il Parlamento e il sì del Consiglio dei ministri prima di diventare operativi (ma essere verificati nei loro effetti per eventualmente cambiare ancora).

E la non autosufficienza con quel provvedimento sulla cronicità da applicare, con tutte le difficoltà del caso. E non basta ancora, sia chiaro. Perché il terremoto che ha sconvolto il Centro Italia ha riportato a galla quello che tutti sapevamo, ma che qualcuno fingeva di dimenticare.

È il nodo degli investimenti: per la sicurezza, i rifacimenti, la messa a norma, le misure antisismiche. Gli investimenti in sanità sono fermi da troppo tempo, la situazione è insostenibile ormai. Si pensi che nel 2008 un rapporto del Welfare stimava per la messa a norma la necessità di 30 mld, 3,5-4 solo per norme antisismiche.

Già, a farcela, a trovarli. Intanto dal 1988, in 28 anni sono stati impegnati 24 mld. Più quelli delle Regioni. Per gli ospedali insomma, la cura non sarà leggera né low cost.

Che qualcuno stia pensando a rilanciare le partnership P/P? O altro ancora? O che altri magari, su un altro piano, per via dei denari che non bastano mai, rilanci forte sui Fondi integrativi? Ed ecco ultime, ma non ultime, le sfide in Parlamento.Roba che scotta.

Metto la legge sulla concorrenza con la disfida farmacie-società di capitali, che il Senato dovrebbe licenziare a settembre ma rispedire alla Camera. Proprio mentre spunterà il nuovo Ddl concorrenza chissà se con altre sorprese sui farmaci.

E poi il rischio clinico, che entro ottobre tornerà alla Camera. E la partita di Albi-Ordini e non solo, ora alla Camera ma destinato a rifare navetta verso il Senato.

Le categorie sono sugli scudi, i riflettori sono accesi a luce alta. Ma chissà quanto ci impiegherà il Parlamento. E se farà in tempo: il dubbio sulla tenuta della Legislatura in caso di fallimento del referendum, benché Renzi lo neghi, è sempre lì, sul tappeto. Come tutte le troppe partite in sospeso di Sanità nostra.

 

Fonte: Roberto Turno, Il Sole24Ore

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