Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

FEDERALISMO FISCALE: DUBBI SUI COSTI STANDARD IN SANITA’

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 Una valanga di dubbi sui costi standard in sanità e sulla scelta delle regioni benchmark. Il fuoco che riprende ad ardere della manovra estiva e di quei tagli mai accettati da 4 miliardi nel 2011 e da 4,5 dal 2012. E una certezza da cui non si può prescindere: il federalismo fiscale dovrà finanziare senza ombra di dubbio i servizi fondamentali delle regioni. Si articola intorno a questi nodi principali lo stop – o la pausa di riflessione che dir si voglia – chiesta e incassata ieri dai governatori dopo il vertice con Tremonti, Bossi, Calderoli e Fitto. Un vertice svoltosi in un clima sereno, ammettono tutti. Dove i rappresentanti del Governo non hanno forzato la mano, sapendo che c’è tempo davanti per non mandare al macero il totem del federalismo, crisi politica permettendo.
I governatori discuteranno le loro osservazioni più nel dettaglio su autonomia fiscale e sanità giovedì prossimo, per poi rivedersi col Governo non prima di un’altra settimana. Il possibile timing per il primo sbarco in Consiglio dei ministri dei due decreti delegati, a questo punto, si può prevedere ai primi di ottobre.

Segnale della situazione di stallo e delle difficoltà politiche all’interno del governo, è che ieri non è stato consegnata ai governatori la bozza sui costi standard in sanità. Forse una nuova stesura arriverà lunedì, e già trapelano possibili novità: confermato che a fare da benchmark saranno le regioni con i conti a posto di asl e ospedali, si stanno cercando vie d’uscita per riservare un posto tra le “virtuose” anche a regioni come Emilia Romagna e Veneto. Tanto da ipotizzare, ad esempio, una scelta allargata a 5 regioni, una delle quali dovrebbe essere imprescindibilmente del Sud. Anche perché s’è capito – sembra anche sotto l’impulso dei finiani del Fli, ma non solo – che, poiché dal Lazio in giù i costi standard sarebbero impraticabili tanto più nel bel mezzo di piani di rientro da debiti plurimiliardari, si dovrebbe trovare un percorso più leggero di applicazione nel sud. Con tutte le certezze però di non tornare al meridionalismo assistenzialista, sprecone e incapace. L’avvio dei costi standard, in ogni caso, non avverrebbe prima del 2013, salvando intanto i finanziamenti già sul piatto per il 2011-2012.

A spiegare i tre «punti irrinunciabili» delle regioni, è stato il rappresentante dei governatori Vasco Errani (Emilia Romagna). Con una premessa per la ripresa del dialogo col governo bruscamente spezzato al tempo della manovra estiva: «Vogliamo il tempo per discutere e capire cosa ci viene proposto. E serve la massima chiarezza». Una prima certezza, ha spiegato Errani, è il rapporto «indispensabile» che dovrà esserci nella bozza di decreto sulla autonomia impositiva tra il fabbisogno finanziario e i costi standard per le prestazioni in sanità (Lea) e per quelle sociali (Lep). Seconda condizione riguarda il decreto sui costi standard in sanità: il benchmark dovrà tener conto non solo dei bilanci ma anche della «appropriatezza» dei servizi resi dalla regioni, soprattutto per quelle che forniscono servizi oltre il livello nazionale fissato per legge (i Lea, appunto). Infine, ecco rispuntare il moloch della manovra estiva: il decreto sull’autonomia fiscale dovrà tenere conto della manovra. Come dire: il federalismo non può partire con una zavorra di tagli miliardari «C’è tempo fino al 31 dicembre», ha detto Errani. Come dire: ci aspettiamo un atto riparatore con la prossima legge di stabilità. Tremonti ne ha preso nota, senza dissentire ma senza annuire. Insomma, si tratta.

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