Vivilasanità, Telenorba, il payback problema strutturale che ricade sulle Piccole e Medie Imprese

Vivilasanità – Telenorba: il Graffio sul payback dispositivi medici

 

Il payback rappresenta un problema strutturale che oggi ricade sulle Piccole e Medie Imprese

 

Resta la criticità: le imprese non hanno in cassa le risorse per pagare

Il contenitore settimanale di Telenorba “Il Graffio”, che è l’approfondimento giornalistico sull’attualità politica, economica, di cronaca e sociale, ha dedicato un’intera trasmissione sul tema: payback in sanità. La puntata è stata condotta da Vincenzo Magista, Direttore Responsabile del TgNorba e autore insieme ad Antonio Procacci della fortunata trasmissione. Sono intervenuti: Marcello Gemmato (Sottosegretario alla Salute), Vito Montanaro (Direttore Dipartimento Salute Regione Puglia), Grazia Guida (Presidente AFORP), Nicola Dentamaro (avvocato amministrativista). Antonio Procacci, giornalista di Telenorba, con una puntuale scheda ha ripercorso tutte le tappe del payback, una norma introdotta con un decreto legge 78/2015 poi convertito in legge il 6 agosto dello stesso anno. Payback significa pagamento indietro, restituzione o recupero. Per coprire lo sforamento su questi beni sanitari, il legislatore ha previsto che le aziende fornitrici diano indietro il 50% della spesa fino a concorrere alla copertura del buco. Un contributo obbligatorio o visto dalle aziende un ulteriore sconto al ribasso già peraltro previsto dalle gare. Per capire meglio la norma c’è da fare un passo indietro al Governo Monti, quando introduce un tetto alla spesa pubblica dei dispositivi medici. All’inizio era stato fissato al 5,2% del Fondo Sanitario Nazionale per poi essere ribassato prima al 4,9%, poi al 4,8 e infine nell’anno 2014 al 4,4%. Una mazzata contestatissima dalle aziende. Dal 2015 questo meccanismo non è mai stato applicato. Poi è arrivata la pandemia e il Governi Draghi ha ripescato quella norma, applicandola, per ripianare gli aumenti della spesa sanitaria delle regioni nel decreto “Aiuti Bis” del 9 agosto 2022 n.115.  Per un totale in Italia di 2,2 miliardi di euro richiesti dalle tasche degli imprenditori. Con una pioggia di ricorsi presentati al TAR Lazio. E il Governo Meloni che stanzia con il Decreto Bollette del 20 Marzo 2023 1,1 miliardi. Ma la criticità resta. E le aziende imprenditrici non hanno in cassa le risorse per pagare.

 

 

Gli interventi in trasmissione.

 

Marcello Gemmato, Sottosegretario alla Salute. “La legge sul payback viene introdotta dal Governo Renzi, segretario del PD. La esigibilità dei crediti viene richiesta dal Governo Draghi, a maggioranza politica PD. Il governo Meloni si trova a gestire questa patta bollente. Le regioni inseriscono in bilancio le quote previste dal payback. La Regione Puglia iscrive nel bilancio 246 milioni derivanti dal payback. Noi in 4 mesi, in un bilancio di 34 miliardi, troviamo più di 1 miliardo di euro per andare incontro a questi debiti che erano stati fatti da un altro governo. Lo dico per vicinanza agli imprenditori che prestano un servizio encomiabile in supporto delle nostre strutture sanitarie. E’ sufficiente? Evidentemente no! Abbiamo dimezzato il debito che era di 2miliardi e 200 milioni e nel contempo immaginiamo altre soluzioni. Con altre risorse che potrebbero migliorare la situazione. Con la tutela delle Piccole e Medie Imprese. Chiedendo uno sforzo solidaristico alle grandi imprese di farsi carico anche del debito delle piccole imprese. Una sorta di fascia no tax area, sopra della quale le grandi pagano e le medie e piccole rimangono coperte. Per il futuro? Affronteremo un problema alla volta”.

 

Vito Montanaro, Direttore Dipartimento Salute Regione Puglia. “Grazie all’intervento del governo i 246 milioni che abbiamo iscritto nel bilancio, secondo quanto previsto da una norma, si sono dimezzati a seguito dello stanziamento di 128 milioni di euro che lo stesso governo ha messo a disposizione. Già questa è una buona notizia.  Se questo sforzo si completasse, si completerebbe la copertura dell’intera posta. Auspico che non salti né il bilancio della regione e né quelli delle aziende fornitrici. Se la norma a monte non viene rivista, nel bilancio 2023, in teoria i ministeri che controllano i bilanci di tutte le regioni, potrebbero dirci, da un momento all’altro, di iscrivere anche il payback di dispositivi acquistati nel 2019-2020-2021-2022, che nel caso della regione Puglia, grosso modo potrebbero ammontare ad altri 250 milioni di euro. Il problema ha una portata normativa prima che economica e finanziaria”.

 

 

Grazia Guida, Presidente AFORP. “Ringrazio il governo Meloni per aver trovato 1 miliardo e 100 milioni ma questo intervento non è sufficiente per risolvere la criticità. Dal 6 agosto 2022, quando fu approvato il Decreto Aiuti Bis con l’applicazione del payback, ci troviamo in una situazione di forte preoccupazione. L’effetto di questa norma sulle Piccole e Medie Imprese è un effetto altamente demolitivo. Credo che il payback rappresenti un problema strutturale che oggi ricade sulle PMI. E le conseguenze di questa situazione porteranno alla chiusura delle nostre imprese. Noi saremmo i morti invece i feriti saranno le società che hanno non solo grandi volumi ma sono società finanziarie. Se il governo non troverà la soluzione per salvaguardare le Piccole e Medie Imprese, questo porterà alla loro chiusura. E la responsabilità sarà di tutti. Dall’altro c’è da mettere in campo un lavoro strategico sul territorio attraverso un utile e continuo dialogo. E’ necessario che ci sia una collaborazione ed un confronto tra le istituzioni e le associazioni di categoria per un dialogo importante e proficuo. Chiediamo anche che ci sia una rivisitazione del payback relativamente agli anni 2019-2022 con la cancellazione di questa norma”.

 

Nicola Dentamaro, avvocato amministrativista.Il governo ha fatto un intervento forte ed ha destinato alle imprese 1 miliardo e 100 milioni su 2 miliardi e 200 milioni. Parliamo del 50%. Ma c’è una condizione affinché le aziende possano beneficiare di questo intervento: che rinuncino ai ricorsi proposti o che non li abbiano proprio proposti. Perché le aziende hanno proposto i ricorsi? Perché intendevano adire la corte costituzionale in via incidentale per poter avere una declaratoria di incostituzionalità della norma che ha istituito il payback. La Corte Costituzionale non si può adire come privati ma solo in via incidentale. Infatti solo con il primo atto applicativo relativo al mese di agosto 2022, in cui sono stati certificati gli sforamenti ai tetti di spesa regionali, le aziende si sono attivate immediatamente, proponendo motivi aggiunti avversi i singoli provvedimenti regionali, che erano quelli effettivamente lesivi. In Italia al TAR Lazio sono stati presentati 1800 ricorsi”.

 

Le testimonianze degli imprenditori AFORP

Ornella Miano, Ortopedical di Francavilla Fontana. “Lavoriamo con la sanità pubblica. Abbiamo 20 dipendenti di cui 15 interni e 5 esterni. La nostra azienda è una grande famiglia, che lavora insieme da quasi 50 anni. Ci chiedono di restituire indietro dei soldi, ma hanno già utilizzato i nostri beni. Il fatturato di questa vendita è un fatturato su cui già abbiamo pagato le tasse, abbiamo pagato salari e contributi. Noi rischiamo di pagare oltre 1 milione di euro e con questi importi sarebbe impossibile per noi andare avanti, ci potrebbe essere la chiusura dell’azienda. D’altro canto ci chiedono di ritirare i ricorsi nel caso dovessimo accettare lo sconto del 50% e su questo aspetto non siamo d’accordo. Chiediamo che venga abrogata questa norma che è ingiusta e incostituzionale”.

Pasquale Lorusso, fondatore Gruppo Imprenditoriale Loran di Modugno. “Con le forniture effettuate negli anni 2015-2018 di dispositivi medici abbiamo partecipato a regolari gare di appalto, ed alcune le abbiamo vinte e spesso al ribasso. Abbiamo fornito oltre i dispositivi medici anche l’assistenza tecnica e anche quella di tipo specialistica, ma tutto questo non è servito a niente perchè hanno applicato il payback. Questo significa per noi dover rinunciare all’assunzione di due unità, significa tentare di entrare in altri settori, significa anche rischiare di chiudere le nostre aziende anche dopo 50 anni di attività in sanità. Tutto questo mi provoca una grande amarezza. Sarebbe catastrofico, dover rinunciare ai nostri beni di proprietà per mantenere in vita la nostra azienda. Questo non è giusto, non è corretto, non possiamo accettare di pagare il payback e dover rinunciare a 25 dipendenti, 12 collaboratori esterni e a tre sedi”.

Nicola De Gemmis, amministratore Medicom di Bari. “Aver lavorato, aver guadagnato e restituire quello che legittimamente si è guadagnato non è una gran bella cosa! Dovrò restituire più del mio utile, circa 250mila euro, perché questi beni hanno ricarichi che non supera il 20%, soprattutto perché i prezzi a base d’asta li stabilisce l’ente e sono tutti gare al ribasso. Il 20% di 1milione e 200 mila euro sono 240mila euro, che poi sono soggetti a tassazione. Per una Srl mediamente la tassazione è all’incirca intorno al 48-50%, diventa per noi impossibile restituire queste somme. Potrebbero anche effettuare il prelievo forzoso per i crediti che vantiamo verso le Asl, ma ciò significherebbe perdere la liquidità, non poter pagare i fornitori. Non è facile pagare in momenti come questi che attraversiamo, un utile che ci verrebbe sottratto in modo arbitrario”. 

 

Conclusione

Intanto da Roma, con la bocciatura degli emendamenti proposti dai parlamentari di tutti gruppi politici, non arrivano schiarite, anzi la situazione potrebbe aggravarsi con il passare dei giorni, perché si avvicina la scadenza del 31 Luglio 2023, data entro cui le imprese dovranno decidere tra il continuare con ricorsi al TAR Lazio oppure accettare di pagare gli importi previsti dal payback scontati del 50%. Si spera in un intervento in extremis del governo Meloni a scongiurare la chiusura delle Piccole e Medie Imprese del comparto sanità.