TETTI DI SPESA PER LE STRUTTURE SANITARIE: L’ASL LECCE VINCE IN APPELLO

 

VALDO MELLONE – DIRETTORE GENERALE ASL LECCE

 Tetti di spesa per le strutture sanitarie: l’Asl Lecce vince in appello
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dell’azienda sanitaria leccese contro la struttura privata, che aveva lamentato l’illegittimità dei limiti di spesa per le prestazioni. Soddisfatti gli avvocati Flascovitti e Portaluri

 La sezione terza del Consiglio di Stato ha accolto, con sentenza 134 del 14 gennaio, ha accolto l’appello proposto dalla Asl Lecce, difesa dagli avvocati Francesco Flascassovitti e Pier Luigi Portaluri, nei confronti della pronuncia con cui nel lontano 2002, il Tar Lecce aveva annullato i tetti di spesa stabiliti per quell’anno nei confronti di una struttura sanitaria privata leccese operante nella branca della radiologia diagnostica.

La decisione dei giudici romani comporta che la struttura privata dovrà restituire le somme a suo tempo percepite, per un importo che – sommato a quello riguardante altre strutture, anch’esse coinvolte nel contenzioso – può complessivamente stimarsi in diversi milioni di euro. Accogliendo, infatti, le tesi degli avvocati Flascassovitti e Portaluri, il Consiglio di Stato ha riconosciuto la piena legittimità dei limiti di spesa stabiliti in quell’anno dall’Asl Le nei confronti delle strutture sanitarie private accreditate con il servizio sanitario nazionale.

I limiti di spesa, secondo i giudici d’appello, erano equi e ragionevoli in quanto capaci di assicurare un adeguato equilibrio tra le diverse articolazioni, pubbliche e private, del sistema di erogazione del servizio sanitario: il sistema di finanziamento, infatti, non impone “una incondizionata e assoluta equiparazione tra soggetti pubblici e privati”. Ciò anche perché la Regione, nel programmare le risorse da destinare all’assistenza sanitaria, deve bilanciare il prevalente interesse pubblico al contenimento della spesa e all’efficienza delle strutture pubbliche, che costituiscono un pilastro del sistema sanitario aperto a tutti i cittadini, con il diritto degli assistiti all’ottenimento di prestazioni sanitarie adeguate e con le legittime aspettative degli operatori privati che ispirano le loro condotte a una logica imprenditoriale.

Secondo i giudici, obiettivo primario e irrinunciabile del servizio sanitario, specie in momenti caratterizzati dalla scarsità delle risorse e dalle esigenze di risanamento del bilancio nazionale, è quello di correlare la garanzia dei servizi ai cittadini con le concrete disponibilità finanziarie pubbliche. Per questo, la Asl Le ha legittimamente riequilibrato l’offerta di prestazioni sanitarie alla collettività mediante un più razionale ed intenso utilizzo delle strutture pubbliche, accompagnato, peraltro, da interventi di contenimento della domanda (ad es., formazione dei medici, attivazione di percorsi diagnostici, ecc.).

Nessun “sperpero di ricchezza” a danno degli operatori privati, ma solo il rispetto di “esigenze insopprimibili di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica”: la Asl ha svolto un’accurata valutazione di tutti gli interessi (pubblici e privati) in gioco e ha operato in modo da raggiungerne una ragionevole composizione, adempiendo con i tetti di spesa all’obbligo ineludibile di razionalizzazione

Con la sentenza si chiarisce come la Asl Le abbia rispettato i canoni della buona amministrazione nell’uso delle risorse pubbliche, nel doppio ruolo di soggetto erogatore diretto di prestazioni sanitarie nei confronti dell’utenza e di distributore del denaro nei confronti delle strutture private accreditate. Il Consiglio di Stato ha anche condannato la struttura privata al pagamento delle spese, pari a 12mila euro.