Puglia, troppi medici di base verso la pensione: “Assistenza a rischio per 700mila pazienti”

(Repubblica Bari) – Secondo i calcoli dell’ordine dei medici nei prossimi dieci anni lasceranno il lavoro il 70 per cento dei medici di famiglia pugliesi. E il blocco del turnover rischia di paralizzare l’assistenza.

Corsie di ospedali svuotate, reparti privi di camici bianchi e infermieri. Il peggiore degli scenari si sta già realizzando. Ogni tre medici pugliesi che vanno in pensione in questi anni, arriva un nuovo camice bianco dalle università. Il ricambio generazionale non avviene. Il pericolo riguarda tutti dai medici di base agli specialisti.
Per quanto riguarda i primi, l’Ordine dei medici ha commissionato uno studio per calcolare i danni che sta già facendo quella che è stata definita gobba pensionistica. Da qui al 2026 verranno a mancare il 70 per cento dei medici di famiglia pugliesi. Ciò significa che su 3.300 medici di base che sono operativi su tutto il territorio regionale, almeno 2.300 lasceranno definitivamente il lavoro per andare in pensione.
Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici di Bari, non nasconde la preoccupazione: “I numeri ci dicono che questa curva avrà i suoi effetti in maniera esponenziale tra il 2021 e il 2022, quando andranno via 600-700 colleghi. E bisogna considerare che in questi numeri non sono compresi quelli della continuità, ovvero le guardie mediche”. Secondo la Fimmg regionale, la Federazione dei medici di medicina generale, circa 700mila cittadini pugliesi rimarrebbero privi dell’assistenza dei medici di base.

“Noi stiamo segnalando da tempo il problema – avverte Anelli – del resto da un anno abbiamo avviato un confronto con la Regione. Ma a dire la verità in passato l’assessorato alla Sanità aveva una visione diversa della criticità. Questo perché i tecnici della Regione facevano i loro calcoli sul fabbisogno di medici in base alle graduatorie permanenti. Peccato che quelle graduatorie non siano pulite. Oggi in quelle liste sono iscritte almeno mille persone, ma andrebbero depennati tutti quelli che hanno già un lavoro o stanno facendo altro”.

A parte il rischio del mancato ricambio generazionale nei reparti, però, esiste anche un problema di tipo economico, visto che i borsisti che aspirano a diventare medici di famiglia hanno a disposizione per tre anni una borsa che a malapena raggiunge gli 800 euro, a differenza dei 1.700 euro di retribuzione mensile che spetta ai borsisti che scelgono la specialistica. “È una vera e propria discriminazione – denuncia il presidente dell’Ordine barese, che è stato anche chiamato a dirigere la scuola di formazione dei medici di famiglia – Ci sono ragazzi che vivono sotto la soglia di povertà, con l’aggravante che non possono fare altri lavori. Possono fare soltanto le sostituzioni a medici di famiglia e la guardia medica lì dove si registrano una serie di assenze. Posso testimoniare che la loro situazione è assurda e penosa”.

Tuttavia quella del mancato ricambio generazionale è una criticità che riguarda anche i medici specialisti. È quanto conferma un recente report nazionale dell’Anaao, l’associazione che raggruppa i medici e dirigenti del servizio sanitario, in cui si stima che nel prossimo decennio andranno in pensione il 45 per cento dei medici ospedalieri e universitari in tutta Italia. Nello stesso periodo di tempo la Puglia potrebbe perdere una media di 500 camici bianchi all’annO.
Un esodo senza freni causato anche dal basso numero di borse specialistiche messe a disposizione dal ministero della Salute. Gli effetti di questo mancato ricambio sono visibili già adesso, visto che nei reparti degli ospedali pugliesi risulta sempre più difficile reperire alcune figure professionali come anestesisti e rianimatori. Ma la carenza riguarda la maggior parte delle branche, dalla pediatria alla medicina interna, chirurgia generale all’urologia.

Una situazione che spaventa anche i sindacati: “Questi denuncia Stefano Andresciani, segretario dell’Anaao all’interno del Policlinico
di Bari – sono gli effetti devastanti della mancata programmazione sia in ambito nazionale sia in ambito regionale. Continuiamo a sottovalutare il problema. Presto faremo come gli inglesi, che prendono i medici dall’India. Ma il rischio è che sforneremo nuovi medici che una volta arrivati in corsia rimarranno privi dell’affiancamento garantito dal collega anziano. Un vero e proprio buco generazionale anche di competenze”.

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