«L’Italia può diventare la frontiera avanzata del mondo se riuscirà a digitalizzare la Sanità». La sfida è affascinante e potrebbe avere un impatto enorme sui conti dello Stato. A lanciarla è Roberto Viola che guida la «Direzione Generale per la Comunicazione Digitale e le Tecnologie» presso la Commissione Europea. Il presupposto sta tutto in un numero: nel 2050 i costi per la Sanità pubblica sfonderanno il 10% del Pil (una cifra vicina ai 200 miliardi). «A dispetto della percezione, il nostro sistema di assistenza è uno dei migliori al mondo» spiega Viola. Funziona bene ma è troppo costoso e quindi il percorso è segnato: risparmiare, razionalizzare, evitare gli sprechi. Con un imperativo: «La riorganizzazione non può andare a discapito dei servizi per i cittadini».
Le cifre
Nei piani della Commissione Ue la digitalizzazione della Sanità da sola può garantire un risparmio superiore al 5% della spesa sanitaria (una cifra che sfiora lo 0,5% del Pil, circa 10 miliardi). Se poi si considera un ulteriore passaggio che prevede l’assistenza ad hoc (per esempio le cure dei malati cronici a casa o le cure personalizzate) si arriverebbe a un risparmio del 20%/30% della spesa e quindi a oltre l’1% del Pil (oltre 20 miliardi).
I ritardi in Italia
«Questa è una sfida che l’Italia deve cogliere» aggiunge Viola «perché siamo uno dei Paese che può guadagnare di più dall’eliminazione degli sprechi». La strada da percorrere è lunga e piena di incognite. Il progetto della ricetta elettronica stenta a decollare e la trasmissione completa delle informazioni tra medico, farmacista e Servizio sanitario nazionale non trova applicazione. Anche i dati sui pazienti negli ospedali restano delle eccezioni, così come il loro consulto remoto. «I progressi sono legati strettamente allo sviluppo della tecnologia e c’è tanta strada da fare, ma in Italia non mancano le eccezioni positive».
I modelli da seguire
Alla base della rivoluzione ci sono le cartelle cliniche digitali e la possibilità per pazienti e strutture sanitarie di scambiare i dati. Una direzione intrapresa dalla recente «Rete Europea per le Malattie Rare» che consente ai cittadini di mettersi in contatto con gli esperti delle diverse malattie. «Uno degli obiettivi della Commissione è generalizzare questo modello, per esempio per quanto riguarda il genoma». In questo modo i pazienti potrebbero ricevere una risposta collettiva del «Sistema Sanitario Europeo» e sarebbero nelle condizioni di potersi rivolgere anche a strutture o esperti di altri Paesi.
I tre punti chiave
Complessivamente il piano per la digitalizzazione della Sanità è inserito nella revisione della strategia per il «Mercato Digitale Unico» e prenderà forma con una riforma strutturata che sarà presentata a ottobre. Tre i capitoli d’intervento: la creazione della cosiddetta «Cartella Digitale Europea», l’utilizzo della medesima per l’attuazione della medicina personalizzata e infine un sistema di feedback che consenta al paziente di giudicare la qualità dei servizi e alle strutture sanitarie di trarre informazioni sull’efficacia delle cure. Un progetto che richiederà tempo e soprattutto investimenti: «Al momento è difficile quantificare il costo di questi interventi» conclude Viola «ma più che della digitalizzazione della Sanità stiamo parlando di uniformare gli standard e creare un sistema interconnesso tra i Paesi. Tutto questo richiede investimenti, certo, ma non come se si dovesse partire da zero».