C’è però un piccolo esercito di donne chirurgo che non solo resiste, ma cresce significativamente: in 10 anni, infatti, le iscritte alle scuole di specializzazione in chirurgia sono aumentate dall’8% del 2001 al 50% del 2010. Una nota ‘in rosa’, contro un futuro che tanto roseo non sembra.
“Ormai – ha spiegato Corcione – formiamo risorse che cercano fortuna all’estero. Una lenta ma inarrestabile emorragia che presto mostrerà i suoi effetti”. Una preoccupazione, quella di Corcione, resa più evidente dalle cifre: in Italia, nel 2010, il numero di assunti di ruolo in chirurgia generale ha coperto solo il 10% del fabbisogno e il 20% nella chirurgia specialistica. Situazione analoga nei reparti dove, nel 2011, mancavano all’appello 8.800 medici, che, secondo alcune stime, diventeranno 22 mila nel 2018 e 34 mila tra soli 10 anni. “Le ragioni sono molteplici, da quelle personali e professionali a quelle organizzative”, prosegue Corcione.
“Le scuole di specializzazione non riescono a riempire i posti a disposizione: negli ultimi anni abbiamo assistito a un calo di iscrizioni del 30%. Diventare chirurgo – sottolinea – non è più un sogno per i giovani medici: un laureato in medicina tra specializzazione e precariato inizia a guadagnare ben 10 anni dopo i suoi ‘colleghi’ in ingegneria o giurisprudenza.
Negli Usa – prosegue – il percorso formativo è più breve: 4 anni per la laurea, 5 di internato e 2 di specializzazione per diventare ‘chief resident’ (ce la fa uno su 10). Nel frattempo, il giovane studente americano alla fine dei 7 anni trascorsi ‘sul campo’ ha eseguito circa 2000 interventi con una rotazione obbligatoria nelle varie specialità”.