Appalti, le clausole di sbarramento devono essere «appropriate»

 

Nel caso in cui la stazione appaltante decida di avvalersi di una «clausola di sbarramento» e quindi di condizionare l’assegnazione dell’appalto al raggiungimento, da parte dei concorrenti, di un punteggio qualitativo minimo per poter essere ammessi a scrutinio dell’offerta presentata, il giudice può censurare tale decisione «solo in presenza di macroscopiche irrazionalità, di incongruenze o di palesi abnormità».
È questo il convincente principio espresso con la sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, depositata il 2 dicembre 2015 n. 5468.
La questione
Nel caso di specie, la ricorrente deduceva «che la soglia prevista dal disciplinare» diretta ad attribuire 50 punti su 70 disponibili per il «valore tecnico delle offerte, pur rientrando in astratto nella facoltà discrezionale dell’amministrazione di privilegiare offerte particolarmente apprezzabili, nondimeno» risultando di fatto pari a circa il 75% del punteggio massimo conseguibile «doveva essere giudicata illegittima».
La clausola, a detta del censurante, introduceva in sostanza uno sbarramento con indebiti effetti restrittivi della concorrenza.
Assunto dimostrato, secondo il ricorrente, dal fatto che «solo uno dei cinque concorrenti, (…) l’aggiudicataria, aveva superato la fase della valutazione tecnica».
Il giudice di Palazzo Spada non ha condiviso la ricostruzione rilevando che deve ritenersi ammissibile che la stazione appaltante introduca nella lex specialis delle clausole limitative in virtù «di uno specifico potere attribuitole dalla legge» e riconducibile all’articolo 83 del Codice dei contratti.
La questione su cui restava la necessità di un chiarimento, pertanto, era quella sulla appropriatezza della scelta discrezionale compiuta.
I parametri
Nel sistema di aggiudicazione fondato sull’offerta economicamente più vantaggiosa, si legge in sentenza, la selezione del contraente «deriva dal congiunto apprezzamento tecnico-discrezionale dei vari elementi che compongono le offerte secondo parametri di valutazione e ponderazione predeterminati dalla stazione appaltante in funzione delle esigenze da soddisfare con lo specifico contratto».
L’unico vincolo imposto all’amministrazione è «che i criteri prescelti siano coerenti con le prestazioni che formano oggetto dell’appalto e pertinenti» rispetto «alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto».
Nel caso di specie – una gara per la raccolta differenziata dei rifiuti e servizi connessi -, la stazione appaltante ha stabilito obiettivi generali e specifici richiedendo il «raggiungimento degli obiettivi nazionali di raccolta differenziata (RD) in alta qualità, con minimo il 65 % del totale dei rifiuti prodotti”, unitamente all’ulteriore obiettivo, strettamente connesso, della “riduzione dei rifiuti indifferenziati da inviare allo smaltimento in discarica».
Il raggiungimento di questi risultati minimi, imponeva quindi di privilegiare la componente tecnica delle offerte invece di quella economica.
Solo in questo modo, infatti, si poteva «effettivamente privilegiare, grazie a questa valorizzazione dell’aspetto tecnico-qualitativo dell’affidamento, il primario obiettivo di un rapido miglioramento della performance della propria raccolta differenziata».

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