AD OGNI LOMBARDO, AD ESEMPIO, LA SPESA SANITARIA COSTA 21 EURO PRO CAPITE, CONTRO I 70 DELLA CAMPANIA

 

 Regione che vai, spesa folle che trovi. Tra privilegi, sprechi e bilanci che fanno acqua da tutte le parti, dati alla mano, le venti Regioni italiane negli anni sono diventate una sorta di zona franca dove la spesa pubblica va alla deriva. La Cgia  di Mestre rende noto che dal 2000 al 2009 le voci di spesa delle Regioni italiane sono lievitate da 119 a 209 miliardi di euro con un aumento, tenuto conto dell’inflazione, del 53%.

In soldoni si tratta di 89,7 miliardi in più spesi di anno in anno dei quali appena la metà (45,9 miliardi) di spese per la sanità (l’uscita più consistente di ogni bilancio), gli altri coprono le voci più disparate. Prima tra le Regioni spendaccione è l’Umbria dove il segno più sfiora il 143%; seguono Emilia-Romagna (+125%), Basilicata (115,2%), Piemonte (+91,8%), e Toscana (+84,6%). 
Quello che succede, in pratica, è che in nome dell’autonomia si creino delle disomogeneità non giustificate da migliori servizi. L’esempio macroscopico è proprio quello della sanità. Ad ogni lombardo, ad esempio, la spesa sanitaria costa 21 euro pro capite, contro i 70 della Campania, i 173 del Molise o i 353 della Sicilia. Se tutte le Regioni si allineassero ai livelli lombardi risparmieremmo 785 milioni l’anno. Ma non solo. Al di là delle spese per ospedali e pronto soccorso il portafogli regionale si apre per spendere soldi dei contribuenti in mille maniere diverse.

In Sicilia ad esempio sono stati spesi 150 mila euro per un consulente che verificasse lo stato di buona salute di una pianta rara costata 453 mila euro che la Regione desiderava tutelare. Oppure il caso di  Zorro, un vecchio cavallo donato dalla Regione ad un istituto di cura e messo in pensione a 2.335 euro al mese senza che però il medesimo istututo fosse dotato delle strutture idonee per mettere in atto l’ippoterapia con Zorro.

Il problema non è solo siciliano, ma riguarda tutte le Regioni. Se, ad esempio, si considera che da nord a sud sono stati spesi 8,6 milioni di euro per iniziative folcloristiche che vanno dalla rievocazione della battaglia di Lepanto alla sagra del carciofo di Sezze.

E poi, ancora, si pensi che in Italia ci sono venti Regioni ma ventuno sedi di rappresentanza a Bruxelles: solo quella del Veneto è costata 3,6 milioni di euro. Ci sono inoltre più di 150 ‘ambasciate regionali’  all’estero, dagli Stati Uniti alla Tunisia.

Altra voce che fa aumentare (e di tanto) i costi delle Regioni sono le spese di affitto di immobiili di rappresentanza. Esemplare il caso del Lazio: oltre alle sedi istituzionali la Regione dispone di 13 fabbricati a uso residenziale e 367 appartamenti. Malgrado ciò, spende ogni anno 20 milioni per affittare altri immobili. Non solo: ha deciso di dare il via a lavori di ampliamento di una delle sedi costruendo due nuove palazzine. Costo previsto: dieci milioni.

Altrove il Consiglio regionale del Piemonte ha stanziato 16,3 milioni di euro per ristrutturare la ex sede torinese del Banco di Sicilia; il Consiglio regionale della Puglia ha deliberato una spesa di 87 milioni per la nuova sede appaltata nello scorso mese di agosto. Regione Lombardia, infine, ha speso 570 milioni di euro per la nuova faraonica sede con tanto di foresteria per il governatore costata 127 mila euro di soli arredamenti.