Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

L’INDEBITAMENTO COMPLESSIVO DEL SISTEMA SANITARIO PUBBLICO HA SUPERATO QUOTA 17 MILIARDI DI EURO

219
 

 ROMA – Sc è noto che la spesa sanitaria in Italia è pari al 9% del Pil, sostanzialmente in linea con la media europea, è invece inedito un altro dato: l’indebitamento complessivo del sistema sanitario pubblico ha superato quota 17 miliardi di euro. Una cifra enorme, destinata a crescere visto che da qui al 2050, sono le stime di uno studio di Intesa Sanpaolo, la spesa complessiva passerà da 140 a 400 miliardi. Trascinandosi dietro ovviamente anche il pesante ed esplosivo fardello dei debiti. E una situazione – come emerge sempre dallo studio illustrato dal capo economista di Intesa Gregorio De Felice – di grande diseguaglianza tra le regioni virtuose, quelle del Nord, e un Sud sempre più distante e lontano da livelli minimi di efficienza e qualità. «E’ evidente – spiega De Felice che ha presentato il rapporto insieme al capo di Biis, Mario Ciaccia – che un trend di questo tipo è insostenibile da parte del pubblico». E poco importa che nell’ultimo periodo sia stata messa in atto una politica di contenimento e razionalizzazione. In Italia si spende in media circa 2.886 dollari pro capite contro i 3.700 dollari in Francia o i 7.700 degli Usa. Insomma, non va poi così male. Ma quello che spaventa è, come detto, la proiezione futura. «li punto di non ritorno è vicino – aggiunge Ciaccia- anche perche il federalismo, se introdotto in maniera non graduale e con principi di equilibrio solidale, rischia di aggravare ulteriormente il quadro della sostenibilità finanziaria». Se Lombardia ed Emilia sono al top delle prestazioni e sostanzialmente in linea con i bilanci, al Sud siamo ai minimi. Così come è strutturale un debito “antico”, difficile da risanare. Per non parlare degli sprechi delle risorse pubbliche. Intesa SanPaolo ha messo in luce un dato centrale, cioè l’indice delle “dotazioni infrastrutturali sanitarie”, costruito con informazioni Istat che riguardano le prestazioni erogate, le apparecchiature diagnostiche, il numero di ospedali, la qualità del servizio. In cima alla classifica delle regioni virtuose c’è un po’ a sorpresa il Molise (indice pari a 100) (pochi abitanti e buoni ospedali), seguita da Umbria (78), Valle d’Aosta (71), Emilia (71), Lazio (70) e Trentino (68). Mentre Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana c Abruzzo sono a metà classifica (tra 60 e 70). Chiudono il gruppo Campania, Sardegna, Puglia, Basilicata e Calabria (sotto 60). Con strutture insufficienti o obsolete, tanti extra costi e inefficienze. Una graduatoria che si riflette anche nella tabella della “soddisfazione” per i servizi ospedalieri: Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia e Trentine sono al top. Male il Lazio con
solo il 30% dei pazienti soddisfatti. in linea con i dati di Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna. Al Nord il gradimento è complessivamente sopra al 50%, il Centro al 33%, Sud al 32,7%. Dallo studio si conferma poi la “mobilità” dal Sud al Nord per andare alla ricerca delle cure migliori, che porta al Settentrione ben 837 miliardi. Che fare per invertire la tendenza e trovare nuove risorse? Da un parte, dice Ciaccia che guida una banca tutta dedicata al settore pubblico, servirebbe attivare una vera concorrenza tra enti erogatori di servizi, gli ospedali per intenderci, per contenere i costi e migliorare le prestazioni, cambiando anche
il sistema di accreditamento dei soggetti privati. Dall’altra bisogna spingere sui Fondi sanitari integrativi, su un loro ruolo più forte. Intesa Sanpaolo stima che l’intervento, agevolato anche da eventuali benefici fiscali, potrebbe valere circa 100 miliardi di minori oneri per il sistema pubblico sui 400 previsti. Un contributo rilevante che il sistema bancario potrebbe supportare in maniera significativa, patrimonialiazzando i Fondi e supportando altre iniziativa di “efficientamento”. «Possiamo uscire dall’incubo – dice Ciaccia – rappresentato dai 400 miliardi di spesa previsti nel 2050, puntando dunque su una collaborazione forte pubblico-privato, che migliori l’efficienza e colmi gli squilibri Nord-Sud, salvaguardando nel contempo un servizio di qualità».
In definitiva, la filiera della salute, dagli acquisti centralizzati ai costi standard, dall’introduzione delle tecnologie ai nuovi servizi, può essere anche una opportunità d’investimento, di sviluppo, non solo un buco nero per i soldi del contribuente.

Comments are closed.