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DEBITI PA:L'ITALIA PUÒ ESSERE UN APRIPISTA

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MARIO DRAGHI – PRESIDENTE BANCA CENTRALE EUROPEA 

Il Quotidiano Economico-finanziario, ILSOLE24ORE, quest’oggi, ha pubblicato un interessante articolo in cui si approfondisce il tema dei  crediti “statali” delle imprese che potrebbero essere considerati dalle banche come garanzia per l’erogazione di nuovi crediti.

È possibile coniugare credito allo sviluppo, disciplina fiscale dello Stato italiano e disciplina monetaria della Banca centrale europea? Si può provare, mettendo insieme la questione dei crediti delle imprese verso la Pubblica amministrazione, le regole di allocazione del credito delle banche italiane, i criteri della Bce per erogazione della liquidità alle banche: i crediti delle imprese verso lo Stato devono poter essere considerati dalle banche come garanzie per nuove erogazioni di credito, e a loro volta tali crediti devono poter essere utilizzati dalle banche per ottenere la liquidità dalla Bce. L’Italia può essere un apripista: una politica monetaria non convenzionale, ma coerente con l’obiettivo di tutela della stabilità monetaria, può contribuire a una migliore gestione della liquidità bancaria e del credito a favore delle imprese europee.

Il ristagno della attività produttiva continua a rispecchiarsi nei numeri del credito. Gli ultimi dati dell’Associazione bancaria italiana ci dicono che l’andamento dei finanziamenti alle imprese e alle famiglie continua a flettere: su base annua nel gennaio 2013 si registra una caduta del 3,3%. Allo stesso tempo, si registra un ulteriore aumento della rischiosità dei prestiti, con un incremento sia delle sofferenze nette (64,3 miliardi) sia del rapporto tra sofferenze nette e impieghi totali (3.3%). La stasi dei volumi di affidamento e il peggioramento della qualità, se si vuole una sana e prudente gestione, non può che riflettersi sul livello dei tassi, che passa dal 3,58% al 3,71%: livelli relativamente bassi, ma senz’altro in tensione. Quindi l’imperativo, sia per le imprese che per le banche, diviene: è possibile erogare credito di qualità?
L’erogazione di credito di qualità, in un modello di banca commerciale tradizionale, significa poterlo presidiare con garanzie di qualità, nell’interesse dei risparmiatori che affidano i loro fondi alle banche. Quindi la domanda diviene: esistono nel perimetro delle imprese delle attività che possono essere valorizzate? Una possibile risposta è quella che guarda ai crediti verso lo Stato.
I numeri offerti dal Sole 24 Ore e da Confindustria – 71 miliardi i debiti complessivi della Pa – ci dicono che la questione dei crediti “statali” delle imprese può avere una importante rilevanza quantitativa. Se uno Stato è affidabile e credibile, i crediti nei suoi confronti in tempi normali devono poter essere subito liquidati. In tempi straordinari, se quello Stato vuol rimanere o vuol dimostrare di essere tornato credibile, deve garantire quei crediti. Un’operazione di garanzia dei crediti delle imprese verso lo Stato, se inserita in una strategia di credibilità fiscale – come quella messa in atto dall’Italia nell’ultimo periodo – può divenire anche uno strumento di ulteriore trasparenza e reputazione, soprattutto se è indispensabile che il nostro Paese continui nel percorso intrapreso di disciplina fiscale.
I crediti “statali” delle imprese devono perciò poter essere considerati dalle banche come garanzia per l’erogazione di nuovi crediti. Perché ciò avvenga occorre una scelta di sistema, che coinvolga il governo, la Banca d’Italia, il sistema bancario nel suo complesso. Ma non basta. La qualità della garanzia, per essere tale, non deve valere solo per le imprese nei confronti delle banche; occorre anche che, sempre per il rispetto dei principi della sana e prudente gestione, tali garanzie possano essere ritenute robuste anche per le banche nei confronti della Bce. Occorre cioè che la Bce modifichi opportunamente i criteri con cui eroga la liquidità alle banche, modificando per tutte le banche europee le regole sulle caratteristiche delle garanzie. Si tratterebbe di una forma di politica monetaria non convenzionale, di cui potrebbero trarre beneficio tutti i Paesi in cui esistono crediti dello Stato verso le imprese, impieghi bancari stagnanti e banche che utilizzano il rifinanziamento presso Francoforte.
È possibile disegnare una politica monetaria non convenzionale compatibile con l’obiettivo istituzionale della Bce di tutelare il valore della nostra moneta? Finora la Bce di Mario Draghi ha dimostrato che questo è possibile. In una situazione in cui occorreva coordinare al meglio l’azione di politica monetaria con una situazione dei debiti sovrani europei in stato di forte instabilità, pena un rischio di crisi irreversibile dello stesso euro, la Bce ha posto in atto una politica monetaria espansiva, ma disciplinata. Piuttosto che manovrare la sempre meno utile leva dei tassi di interesse, la Bce potrebbe opportunamente lavorare sulla dimensione e la rischiosità del suo bilancio, stimolando di riflesso anche la capacità moltiplicativa del credito bancario. Imprese, banche, governi e Bce impegnati in un gioco a somma positiva per la crescita; perché no?

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