Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Marchitelli, Presidente A.F.O.R.P., CoViD 19 ha cristallizzato gli ospedali e negato l’accesso alle cure ai cittadini

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VIVILASANITÀ – Editoriale di Beppe Marchitelli

 

 

Con le PMI appese al filo della burocrazia

 

CoViD 19 ha cristallizzato gli ospedali e negato l’accesso alle cure ai cittadini

 

 

di Beppe Marchitelli

Presidente A.F.O.R.P.

 

 

Il dibattito su quando e come riaprire l’Italia è stato superato, forse dopo aver messo all’angolo gli epidemiologi ed aver consentito alle Regioni di agire federalmente, anche se in Italia il federalismo non è previsto. E’ una scelta del Governo. La riapertura, la FASE2, è avvenuta senza che nessuno progettasse seriamente come riaprire il Paese, come anche il mondo globalizzato sfiancato dalla pandemia. Il ruolo dell’OMS vacilla. Il virus sarà tra noi forse ancora per un anno o un anno e mezzo, fino a quando il vaccino e/o le cure saranno disponibili. Tempi lunghi, giusti, ma hanno motivato la necessità di ripartire il più presto possibile. Era “possibile”?

 

E’ dovere di ciascuno, l’impegno per limitare i contagi, salvare il sistema sanitario, sostenere le famiglie e le imprese, pur sapendo che non ci sarà ritorno alla vita come era prima. Richiami alla responsabilità. Tornare gradualmente alla normalità con ospedali cristallizzati dal CoViD 19. Medici ed infermieri alla ricerca delle condizioni di sicurezza per assistere i malati. Pazienti che sono stati privati dell’accesso alle cure e sperano di ricevere indicazioni disciplinate, per la ripresa. Non si effettuano interventi chirurgici, l’assistenza ospedaliera è in stand by. Si parla e si scrive di aiuti alle micro e piccole imprese di ogni settore. PMI come noi, fornitori ospedalieri, che da tre mesi e chissà per quanto ancora, resteremo appesi al filo della burocrazia, in attesa che la tanto acclamata normalità si concretizzi. Intanto l’Italia conta decessi e non solo per CoViD, perde posti di lavoro e conta troppe imprese che non stanno riaprendo.

La classe politica, con un premier che fa quel che può, è dilaniata. Si assiste ad una lenta ed inesorabile lacerazione della ricchezza del Paese, ma in molti sono già pronti a vedere oltre l’emergenza, l’opportunità elettorale: il consenso. Tutto questo non è utile per immaginare un futuro. Non basta invocare il Piano Marshall o soldi da distribuire a pioggia, che arriveranno dall’U.E., tra l’altro a torto o ragione continuamente additata. Il tempo di decisione e l’efficacia di trasmissione della decisione al Paese, è più importante della bontà della decisione stessa. Se autorizzo la cassa integrazione, ma non arriva ai lavoratori in tempo utile è come non averlo fatto. Decisione giusta, applicazione non efficace, decisione inutile.

Sostenere le imprese significava farlo da Marzo, Aprile e Maggio.

A Settembre o Novembre è out, perché il rischio è che le imprese chiudano definitivamente, come sta accadendo. Questo è il grande problema con il quale ci confrontiamo: non è stato interiorizzato il cambio di paradigma. Definire il modulo per uscire di casa è sicuramente più semplice che definire i “moduli” per sostenere le imprese di cui non esiste nemmeno bozza e ciò spiega quanto siamo lontani dall’obiettivo.

Denaro da destinare alla sanità per rafforzare gli ospedali e sostenere chi ha perso il lavoro, ma anche per ripianificare le città, la società, il sistema produttivo. La ripartenza chiedeva programmazione, la vita post coronavirus va ripensata, le infrastrutture sociali riprogettate. L’apertura di aziende, negozi e ristoranti è chiaramente un passaggio critico ed importante.

Ci siamo affidati agli scienziati, ma se dicono che non possono prevedere, il cui compito appunto è prevedere allora abbiamo un problema! Poi chiaramente la previsione non sarà accurata, tenendo conto dei dati italiani ed esteri. Il mondo non è sincronizzato con il virus e l’azzeramento del contagio dovrebbe essere su base globale e non accadrà. Quindi posticipare l’apertura alla fine del contagio era ovviamente irrealistico. Da qui la riapertura, ma con navigazione a vista.

 

La crisi durerà molti anni. Pensare l’emergenza sanitaria senza pensare all’emergenza economica che seguirà, pensare l’emergenza sanitaria senza pensare ai prossimi anni è impossibile oltre che profondamente sbagliato. Bisogna mettere in campo decisioni che abbiano una visione e una tecnica, rapidità ed efficacia di trasmissione al Paese e soprattutto che siano coerenti. 

Serve credibilità per definire soluzioni. Sono in pericolo il risparmio, le pensioni, il reddito dei singoli e il futuro di un intero Paese. Un prezzo da pagare enormemente alto oltre le già drammatiche perdite subìte dalla nostra comunità.

Soluzioni a temi molto complessi che impatteranno fortemente sulle scelte dei prossimi mesi. La globalizzazione non è finita, ma abbiamo visto e continueremo a vedere come può essere dannosa, se non è concepita con interscambio e dualità.

Occorre un grande ancoraggio europeo meno ideologico e radicalizzato.

In Italia abbiamo sviluppato eccellenze econometriche assolute, di grande aiuto ai politici del passato, per prendere decisioni importanti e poco popolari. Abbiamo bisogno di una leadership politica e culturale all’altezza. Il 2020 ci impone di guardare concretamente al futuro, per riprogettare la catena produttiva e gli spazi di socialità, in condizioni di sicurezza per i lavoratori, per i cittadini e per tutto il sistema.

Corretto procedere con la strategia delle “tre T” testare, tracciare, trattare perché può essere una via per uscire dalla pandemia. Come cittadini sappiamo riconoscere queste necessità e priorità quali: la riorganizzazione a prova di epidemia degli aeroporti, degli spazi pubblici, dei luoghi di lavoro e delle infrastrutture vitali di una società contemporanea, con nuove regole per ridurre gli affollamenti, per mantenere le distanze, per disinfettarsi le mani. Così come abbiamo cambiato comportamenti di massa dopo l’11 settembre 2001, siamo pronti per contrastare il virus nemico invisibile.

E’ di questi minuti la notizia del Recovery Fund 170mld di euro all’Italia, mai accaduto prima. Se saranno utilizzati bene, potremmo ripartire programmando il domani. Non sprecare l’opportunità è un dovere verso le nuove generazioni. Agire per modernizzare e riformare la società e quindi il sistema economico e produttivo. Non è una banalità. Occorre individuare i settori strategici e l’enorme quantità di denaro non è a pioggia fortunatamente, ma dovrà seguire dei progetti credibili con indicazioni degli interventi da realizzare. Ora si passino le redini agli adulti capaci. E’ l’ora della politica e, se preparati, il ponte verso il futuro sarà il nuovo miracolo italiano.

 

 

 

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